Un altro sole, un’altra luna

Commento di Silvia Agnoloni alla silloge poetica di Iole Troccoli e Alberto Pestelli che ha contribuito ai testi per il disco di esordio dei Nocticula Resurget “Revenge”.

Una storia tristemente nota, quella della persecuzione per stregoneria di giovani donne innocenti, ma ciò che ci troviamo fra le mani non è una semplice narrazione: è un canto, è poesia, ma soprattutto è un dipinto, dove le parole sono pennellate sapienti che descrivono la vicenda dei due amanti, realizzando un quadro dalle tinte vivide, talvolta, o fosche e lugubri, man mano che ci avviciniamo al doloroso epilogo. L’opera si apre con un monito ben preciso, quel “Non sperare” come scolpito sullo scuro basalto di un monolite posto all’inizio della lettura, del sentiero entro al quale ci stiamo addentrando. Viene naturale il rimando di dantesca memoria al celebre “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”, ma in questo caso non c’è nessuna salvezza né dannazione eterna: ci sono piuttosto due forze contrapposte, entrambi potenti. Da una parte l’amore, vero, puro, capace di tutto; dall’altra la paura, radicata nell’animo, che, coltivata con l’ignoranza, rende disumani.

Agile e leggera, come la mano che la dipinge: così ci appare la giovane protagonista, mentre si muove a proprio agio in quel bosco conosciuto in cui è solita raccogliere erbe medicamentose. Occhi verdi, come il colore del muschio sugli alberi, guardano esperti; mani bianche, affusolate, con gesto rapido e delicato colgono le piante utili. Pennellate date ad arte l’accompagnano sulla via del ritorno, mentre con passi quasi danzanti percorre la riva del lago, dove l’azzurro del cielo si confonde con quello delle acque. È così che la vede, il timido poeta: un fascio d’erbe sotto il braccio, fiori nei capelli rossi accesi dai raggi del sole. Incastonata in un quadro di Botticelli come una novella Primavera, che, incantevole, incanta. Non ne resta immune neppure il “signorotto grasso”, che davanti al suo rifiuto scatena tutto il suo perfido potere. Egli, più di tutto, rappresenta la cupidigia umana, quella delle persone convinte che con i soldi si possa ottenere tutto. Come un pittore impazzito, copre di pennellate rabbiose quel quadro perfetto, corrompendo l’armonia con colori cupi e distorti. E così il lago diventa palude, le mani affusolate artigli adunchi, gli occhi verdi lo sguardo di un demone, le erbe raccolte ingredienti per pozioni e veleni, i fiori fra i capelli, ragnatele.

Lei è Nocticula, la strega. E la strega deve morire. Quanto è facile convincere un popolo ignorante a fare ciò che si vuole con la paura e il potere…

“Dov’è l’amore che doveva proteggermi?…” [WASP, ndr], chiedono in silenzio gli occhi verdi, fissi in quelli del poeta, mentre lo scempio si compie.

-Non sperare-

Lui resta lì fino all’epilogo, impotente, eppure consapevole che quella non sarà la fine. Le fiamme consumano il corpo, lo corrompono, lo trasformano, la consacrano a strega.

“Così mi hai uccisa”, le ultime parole rivolte al proprio aguzzino, ma lei rinasce, Fenice, nel Poeta-Stregone: da ora in poi parlerà tramite lui, vedrà tramite lui, odierà tramite lui. Morta, torna in vita in lui, vivo, eppure morto senza lei. Le fiamme su di lei ardono il corpo, il fuoco dentro lui corrompe la mente: non canterà più l’amore, non farà più sospirare i cuori come era solito fare. Adesso sono rime di vendetta, quelle del Poeta-Stregone, che si incidono velenose sulla pelle dei suoi aguzzini, condannandoli ad incubi e disperazione, per l’eternità.

-Non sperare-

Tutto è compiuto e niente è finito: la storia sarà raccontata ancora e ancora (“Canterò, se posso.”), per lei e per tutte le donne vittime della disumanità e dell’ignoranza. Non dovrà essere dimenticata. Il quadro è sbiadito, i colori scrostati, il paesaggio confuso, ma ancora si distingue quel bosco che tante volte li ha visti insieme.

Il tempo è fermo, sospeso, rarefatto: niente più amore, niente sogni. Niente potrà essere come prima. Eppure c’è il bosco, ma è un altro bosco; c’è il lago, ma è un altro lago. E c’è un altro sole, e un’altra luna. Sulla tela del quadro, resta solo un accennato disegno di morte, un corpo che giace, una melodia lontana, due voci all’unisono…

Canteremo di NOI.